mercoledì 30 luglio 2014

Indecisione e sensi di colpa. Inno della madre lavoratrice.

Non so... in questi giorni di strana estate piovosa e fredda continuo a riflettere su una possibilità della quale in qualche modo mi stò privando e cioè l'opportunità di usufruire dei tre mesi rimanenti di maternità che non ho utilizzato finora.
Avrei tempo fino al compimento del terzo anno del nanetto e quindi ho ancora più di un anno per usufruirne, ma forse questa sua seconda estate avrei dovuto perlomeno pensarci.

Molte mamme lo fanno, in fin dei conti è un diritto irrevocabile e in molte giustamente si sentono in diritto di prendere e andare in "vacanza" con il proprio bambino durante l'estate.

Io no... e questo in qualche modo mi fa sentire tanto la peggior madre sulla faccia della terra.

Devo dire con onestà che la ragione più grande è che ho paura: ho paura di ricadere nel loop della solitudine forzosa, di sentirmi di nuovo ostaggio e basta di un'altra persona.
La mia mente distonica non riesce affatto a sincronizzarsi con le sue evoluzioni meravigliose e la trasformazione del mio neonato in un bambino.
Piccolo, capriccioso, stranamente insonne, ma un bimbo.

Non ce la posso fare.

E poi c'è l'ufficio: questo lavoro che in qualche modo mi sembra mi abbia salvato la vita (o la sanità mentale), questo posto dove però al mio rientro da 9 mesi di maternità mi hanno tolto tutto: capo, collega e mansione per lasciarmi in un limbo imprecisato da ormai 10 mesi nonostante le mie continue richieste di chiarimenti e aiuto.
In questo posto dove divento insofferente al punto da rivolgermi al Sindacato per sentirmi dire che siccome ho comunque un lavoro ed effettivamente non sono stata demansionata (no anzi ho maggiori responsabilità ma con lo stesso stipendio), non mi posso troppo lamentare e non ci si può fare proprio niente.
La seconda verità sull'argomento è quindi che ho paura anche di lasciare di nuovo la scrivania, anche solo per un mese, perchè temo di non ritrovarla più.

E poi chiaramente c'è il senso di colpa. Assoluto. Pervadente.

Mi investe sulla porta di casa al mattino quando saluto mio figlio, mi segue tutto il giorno in forma latente per darmi 4 schiaffi sul pianerottolo al mio rientro, quando ormai la giornata è finita, Pesciolino è stato tutto il giorno con la tata, e io sono stata a farmi il fegato marcio da un'altra parte.

Sto perdendo il senso di questo affaticarmi inutilmente intorno a un lavoro che non mi da più stimoli ma solo frustrazioni, e alla mia incapacità totale di darmi la possibilità di provare a stare qualche tempo con Pesciolino in maniera diversa.

Che fare? Una parte di me mi chiede ardentemente di dare a me e al Nano una seconda possibilità, anche subito, immediatamente. Prendilo e portatelo al mare, bacialo e stai con lui sempre, tutto il giorno, non farti più prendere da queste stupide paure e partite.

L'altra no, l'altra si crogiola nel dubbio di perdere il posto di lavoro o l'opportunità di perdere l'occasione tanto cercata e sudata in questi mesi di una promozione, di un piccolo riconoscimento.

Come se far la madre sia perfettamente incompatibile con questo.
E in effetti in Italia lo è.








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